Acque reflue: la nuova Direttiva UE trasforma i depuratori in fabbriche verdi
Dal 1° gennaio 2025 è ufficialmente in vigore la nuova direttiva europea sulle acque reflue urbane, un ambizioso progetto che punta a rivoluzionare la gestione delle risorse idriche e a trasformare gli impianti di depurazione in “fabbriche verdi” entro il 2045. Questa iniziativa rappresenta un passo cruciale verso la sostenibilità ambientale, mirando alla decontaminazione avanzata dei reflui, al riutilizzo dell’acqua, al riciclo dei fanghi e all’autosufficienza energetica degli impianti.
Obiettivi chiave e scadenze
Gli Stati membri dovranno recepire la direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali entro il 31 luglio 2027. Il campo di applicazione è stato ampliato, includendo ora gli agglomerati urbani con almeno 1.000 abitanti equivalenti, rispetto al limite precedente di 2.000.
Entro il 2035, gli agglomerati interessati dovranno implementare sistemi avanzati di collettamento e trattamento dei reflui. Il trattamento secondario sarà obbligatorio per gli agglomerati con oltre 1.000 abitanti equivalenti, mentre i trattamenti terziario (per la rimozione di fosforo e azoto) e quaternario (per i microinquinanti) diventeranno obbligatori rispettivamente dal 2039 e dal 2045 per quelli superiori a 150.000 abitanti equivalenti.
Finanziamenti e coinvolgimento dell’industria
Per sostenere l’introduzione delle tecnologie più avanzate, la direttiva prevede che, entro il 2028, gli Stati membri istituiscano regimi di responsabilità estesa del produttore, coinvolgendo le industrie farmaceutiche e cosmetiche. Questi settori dovranno contribuire almeno all’80% dei costi per l’installazione di sistemi di trattamento quaternario, riducendo il peso finanziario sugli enti pubblici e promuovendo un approccio condiviso alla sostenibilità.
La sfida italiana
In Italia, l’adeguamento a questa direttiva rappresenta una sfida significativa, soprattutto considerando le quattro procedure di infrazione aperte in materia di depurazione. Gli investimenti necessari sono stimati in circa 6,1 miliardi di euro, con costi operativi annuali che potrebbero raggiungere gli 800 milioni. Secondo Utilitalia, sarà cruciale accelerare i progetti infrastrutturali per conformarsi ai nuovi parametri.
Un passo verso l’innovazione
L’approccio della direttiva rappresenta una svolta epocale nella gestione delle risorse idriche in Europa. Oltre a mitigare l’impatto ambientale, favorirà la creazione di nuove tecnologie e posti di lavoro, consolidando un modello di sviluppo sostenibile in grado di affrontare le sfide del cambiamento climatico. Questa rivoluzione verde nelle infrastrutture idriche non è solo un obbligo normativo, ma un’opportunità per costruire un futuro più resiliente, equo e sostenibile per tutti i cittadini europei.